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Prologo




Io so chi c’era quella mattina del 16 marzo a via Fani. I so chi sono i motociclisti che hanno partecipato al rapimento di Aldo Moro. Io so perché si sono perse le loro tracce. Io so chi c'è dietro l’assassinio del presidente della Dc. Io so chi ha ucciso mia madre. Io so perché è morta. Io so chi ha rovinato la mia vita e quella di tante altre persone. E so anche che dovrei raccontare tutto.



Mio padre mi sta aspettando a Formia. L’ho chiamato appena ho letto quei fogli che mi ha lasciato sul comodino. Verrà a prendermi al porto, all’attracco del traghetto che arriva da Ventotene. Io, però, ancora non ho deciso cosa fare.

La ragione mi dice che devo andare dai carabinieri e fare una denuncia: ho una dichiarazione firmata dalla stronza. Ma il cuore no: se lo facessi, inevitabilmente verrebbe coinvolto anche lui. Eppure non è giusto continuare a mantenere un segreto così grande, che non coinvolge solo la mia famiglia. Non si tratta più solo di un affare privato. La mia non può essere solo vendetta nei confronti dei mandanti dell'assassinio di mia madre, eppure mi fa uno strano effetto pensare che lo dovrei fare per lo "Stato", per la “giustizia”. Quello Stato e quella giustizia che ancora non hanno dato un nome all’assassino di Pino Pinelli. Né a quello di Giorgiana Masi, né di Piero Bruno, né a quello di tanti altri. Quello Stato e quella giustizia ai quali mia madre, anarchica, non credeva più.



Il signor Aniello mi è venuto a prendere a casa con l'auto per evitare che facessi tutta quella strada a piedi. Si meraviglia che non abbia neanche una valigia con me. La borsa è più che sufficiente per portarmi appresso quei segreti, anche se pesano come un macigno. 
Mi accompagna al porto e sale come me sul traghetto per assicurarsi che trovi un posto comodo, viste le mie condizioni di donna incinta. Di solito, anche d'inverno, preferisco mettermi sul ponte per salutare chi resta a terra e poi vedere sparire piano piano la mia isola, quasi che il mare la inghiottisse per conservarmela immutata al ritorno. 
Abbraccio forte il mio amico Aniello per cercare in lui, un vecchio uomo di mare ricco di umanità e esperienza che mi ha visto crescere, quel coraggio che non ho. Sprofondo nella mia poltrona cercando di riordinare le idee e trovare una soluzione. Eppure le uniche cose che mi vengono in mente sono l’odio per Daniele che mi ha coinvolta in questa storia, la rabbia verso mio padre che mi ha tenuto sempre all’oscuro di tutto, e il disprezzo per lo Stato che non è stato capace di trovarsi da solo i colpevoli.

Mio padre mi sta aspettando a Formia. E io, con la sensazione di vivere solo un sogno, riapro i diari di mia madre alla ricerca di una soluzione. Se lei fosse stata al mio posto avrebbe saputo certamente cosa fare. Io no.

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