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Capitolo 14

Oggi arriva papà. Non vedo l’ora di fargli leggere quello che mamma ha scritto su di lui. Ci sono tante cose che devo chiedergli, e tante cose da farmi raccontare. Il mare è mosso, sbatte contro Santo Stefano, ma c’è il sole. Spero tanto che l’aliscafo parta ugualmente da Formia. Ho bisogno di lui, più di quanto glielo abbia mai detto. Giro e mi rigiro nel letto aspettando che si facciano le sette.
È bello mio padre. Curato ed elegante anche con quei vecchi jeans e le sue inseparabili scarpe inglesi. Dimostra meno di quarant’anni anche se ha passati già da un po’ la cinquantina. Non c’è quasi più traccia dei lunghi capelli castani che ha nelle foto insieme a mamma, ora ha i capelli sono corti, quasi rasati, ma il fascino è lo stesso. Gli occhi verdi, la pelle liscia, olivastra, profumata. «Principessa», mi chiama appena sceso dall’aliscafo. Ad aspettarlo ci siamo tutte e tre: le zie ed io. «Papà», gli dico abbracciandolo, «sono così felice di vederti». «Ho bisogno di te», sussurro mentre lo bacio.
«Colazione da Verde», propone salutando le zie.
«Allora spiegatemi che cosa è successo», dice seduto davanti al caffè.
«C’è poco da spiegare», irrompe Moira, «quell’infame di Daniele ha ritirato fuori la storia dell’incidente di Maria e sta cercando di convincere Sole che è stato un omicidio premeditato».
«Non è vero», la interrompo. «Mi ha semplicemente portato i diari che mamma ha lasciato a casa sua».
«Non ti pare strano che abbia sentito il bisogno di farlo proprio ora, dopo trent’anni?», continua zia ignorando completamente tutto quello che ci siamo detti i giorni scorsi.
«Non c’è niente di sconvolgente nei diari, niente che possa far pensare a un incidente provocato», s’intromette zia Carla. «Ci sono appunti, riflessioni, ma soprattutto tanti articoli di giornali ritagliati. Nessuna verità inconfessata o inconfessabile».
«Beh, una c’è», dice Moira. E senza il minimo tatto: «Ti ha tradito con lui».
«Zia!», faccio per rimproverarla. Non capisco perché sia così cattiva. Papà, mi prende la mano come per rassicurarmi. «Moira, io la amavo e continuerò a farlo a prescindere da quello che c’è scritto là dentro. Quello che mi interessa sono le ultime pagine. Ricordo che stava diventando ossessionata, quasi paranoica, su tutto ciò che riguardava le Brigate rosse».
«Non era la sola», la giustifica zia Carla, «te lo ricordi in che modo vivevamo dopo il sequestro di Aldo Moro?».
«Certo che me lo ricordo, ma in quel periodo lei non parlava d’altro. Chiunque capitava a casa nostra veniva sottoposto a un interrogatorio di terzo grado».
«Come fai a saperlo? Tu non c’eri mai a casa». Zia Moira continua ad attaccarlo e non riesco a comprendere perché. Forse ho fatto male a farlo venire a Ventotene insieme a loro.
«Hai ragione Moira», ammette papà alzandosi per andare a pagare la colazione. Approfitto che si è allontanato: «Zia, te lo chiedo per favore, smettila».
«La smetto, Sole mio, la smetto. Ma io non ho mai dimenticato quello che le ha fatto passare. L’hanno massacrata quei due e ora vengono qui a parlare di amore. Ma và! Se l’avessero amata davvero oggi tua madre sarebbe qui. Le hanno fatto venire il crepacuore quei due. Altro che attentato, brigate rosse, Moro».
«Va bene, zia. Ma sono passati trent’anni e non ha più alcun senso. Mamma non c’è più. Mi è rimasto solo lui e non voglio perderlo».
«Sei troppo buona, come lei. Anche tuo marito…»
«Che è successo a tuo marito?», chiede papà tornando al tavolo. «Sta bene?».
«Sì, papà. Tutto a posto. Mi ha mandato una mail sta bene. Se riesce, torna il mese prossimo». Augusto è un medico chirurgo e sta facendo uno stage negli Stati Uniti. Ha vinto una borsa di studio e sono quattro mesi che non lo vedo. Ma se tutto va bene sarà qui quando nascerà la nostra bambina.
«Un altro stronzo», borbotta zia Moira, ma facciamo tutti finta di non aver sentito mentre ci alziamo e ci incamminiamo verso casa.
«Riposati in un po’ nella mia stanza, papà. Stasera ti preparo il divano letto. Sarai stanco…».
«Grazie amore, stanotte non sono riuscito a chiudere occhio», dice dandomi un bacio. Lo lascio solo e vado a raggiungere le zie indaffarate in cucina a preparare il pranzo.
Tre giorni sono passati senza che nessuno abbia tirato in ballo i diari o ne abbia parlato. Almeno davanti a me. Di questo devo essergliene grata. Non avevo nessuna voglia di vederli litigare tra loro, né sentirli rinfacciarsi questa o quella cosa, e neppure di vantarsi del rapporto che ciascuno aveva con mamma. Per fortuna le zie oggi mi hanno detto che partono. L’idea è di zia Carla. Pensa che sia meglio se rimango un po’ da sola con papà. Zia Moira all’inizio ha sbraitato, ma poi si è convinta che era la cosa giusta.

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