Nel
suo diario scopro che anche le Brigate Rosse hanno fatto delle
indagini sull’omicidio Calabresi e sulla morte di Pinelli. Cosa che
ignoravo completamente.
Il
15 ottobre è stato scoperto un covo delle Brigate Rosse a Robbiano
di Mediglia. L’appartamento era disabitato, ma i carabinieri attesero che
rincasassero i brigatisti. Ne hanno presi due, il terzo è stato
ferito nel corso di un conflitto a fuoco. Un maresciallo è morto.
Pare che in questo covo siano stati scoperti importanti documenti,
tra cui l’analisi di vari atti di terrorismo di altre
organizzazioni, e alcune contro-inchieste delle BR su azioni di altri
gruppi, riguardanti la strage di piazza Fontana, la morte di Giuseppe
Pinelli, e quella dell’editore Giangiacomo Feltrinelli e l’omicidio
Calabresi. Dobbiamo trovare questa roba. Novembre 1974
Mi
sono messa a cercare su internet qualcosa di queste inchieste. C’è
poco o nulla. Parte del materiale sequestrato, inizialmente
depositato presso il Nucleo Speciale Antiterrorismo dei Carabinieri
di Torino, andò smarrito dopo vari passaggi. In parte forse fu
distrutto nel 1992, dopo essere stato ritenuto di nessuna utilità.
Altri documenti sequestrati vennero tuttavia trascritti e riassunti
dagli agenti che si erano occupati dell’indagine. Sembra che i
documenti e le trascrizioni, per motivi misteriosi, non siano mai
pervenuti o forse solo parzialmente al Tribunale di Milano. L’oblio
fu rotto dalle indagini della Commissione Stragi, che si fece
consegnare il materiale superstite. Dalla relazione della
Commissione stragi (seduta 8 giugno 2000) si leggono alcuni titoli
dei documenti trovati. Un’intervista-interrogatorio su
audiocassetta, cui da militanti o fiancheggiatori delle Brigate rosse
fu sottoposto il professor Liliano Paolucci, cioè la persona che
subito dopo la strage, in modo del tutto casuale, aveva raccolto le
confidenze di Cornelio Rolandi, il principale teste a carico di
Pietro Valpreda; interrogatori-interviste di alcuni dirigenti del
circolo anarchico Ponte della Ghisolfa di Milano, al quale
apparteneva Giuseppe Pinelli e dal quale era stato espulso Pietro
Valpreda; una relazione dalla quale risultava che Pinelli in realtà
si era suicidato perché era rimasto involontariamente coinvolto nel
traffico di esplosivo poi utilizzato per la strage.
Secondo
Wikipedia la Commissione Stragi accertò che le contro-inchieste
brigatiste avevano raggiunto talvolta risultati difformi dalla
opinione comune. Sulle contro-inchieste vi fu una lunga deposizione
alla Commissione Stragi dell’ex-capo storico delle Br, Alberto
Franceschini. Disse che sulla strage di Piazza Fontana la
contro-inchiesta delle BR arrivò alla conclusione che la strage fu
opera di una collaborazione tra anarchici, fascisti e servizi
segreti.
Un
pentito delle BR, Michele Galati, raccontò che la contro-inchiesta
era arrivata alla conclusione che materialmente l’ordigno era stato
posto nella banca dagli anarchici, che pensavano di attuare un
attentato dimostrativo; timer ed esplosivo erano stati messi a
disposizione da una cellula nera. I risultati della contro-inchiesta
su piazza Fontana furono tenuti riservati, secondo Galati, perché
concludeva che l’anarchico che aveva collocato la bomba era morto
suicida perché sconvolto. L’inchiesta delle Br, secondo il
racconto di Galati, concluse che la strage avvenne per un errore
nella valutazione dell’orario di chiusura della banca. Nel
settembre 1992, anche l’allora segretario del PSI, Bettino Craxi
fece affermazioni analoghe.
La
Commissione Stragi accertò inoltre che la contro-inchiesta ebbe come
elemento centrale l’interrogatorio di uno degli accompagnatori di
Feltrinelli nell’attentato al traliccio di Segrate.
L’interrogatorio del compagno di Feltrinelli, chiamato Gunter (o
Gunther) fu registrato su nastro magnetico, trovato anch’esso a
Robbiano di Mediglia.
A
proposito di Feltrinelli, che è morto il 14 marzo 1972, mia madre
scrive a giugno dello stesso anno che «In
un sondaggio d’opinione fatto pochi giorni fa, dopo la morte di
Feltrinelli, il cinquanta per cento degli intervistati si dichiara
convinto che l’editore è stato assassinato. Questo, insieme alla
pronta denuncia unanime espressa dalla sinistra extraparlamentare, è
l'unico dato confortante di quest’ultimo (per ora) omicidio della
“strage continua di stato”. Due anni di controinformazione non
sono passati inutilmente, se l'opinione pubblica istintivamente non
accetta più le versioni ufficiali a proposito di “suicidi” e di
“incidenti”. Questa incredulità, del resto, la si ritrova
riflessa persino negli articoli di giornali governativi come “Il
Giorno” che hanno avanzato dubbi sulla verosimiglianza dell’
“incidente” e riserve su tutte le stranezze della vicenda, sulla
ambiguità di questi personaggi, sul significato delle tracce
lasciate in giro dal Saba (stupidamente o volutamente?),
autonominatosi follemente erede spirituale del “comandante”
Feltrinelli... Per il resto, tutta la vicenda ed i suoi sviluppi sino
ad oggi sono stati una dimostrazione di forza, da un lato di chi
continuando ad uccidere vuole coprire il suo piano di provocazione e
proseguirlo in tutta tranquillità ed anzi in affinando la tecnica e
dall'altro (ma davvero un altro?) dell'apparato repressivo statale
che ha approfittato dell'occasione (inaspettata) per colpire
pesantemente gli “opposti estremismi” cioè gli estremisti di
sinistra, scatenando in tutta Italia una assurda terroristica serie
di perquisizioni, montando una gran storia di inesistenti eserciti
insurrezionali rossi, sollecitando con fughe di notizie a senso unico
e spesso infondate, una campagna di calunnia contro la sinistra
rivoluzionaria (favorita anche da discutibili atteggiamenti di
quest’ultima, come l’esaltazione da parte di Lotta Continua del
sequestro Macchiarini o la pubblicazione da parte di Potere Operaio
di un delatorio comunicato dei G.A.P.). Niente di nuovo in questo. Il
cadavere di Feltrinelli è servito non solo a coprire lo scandalo
dell'incriminazione dei fascisti per la strage di Piazza Fontana, ma
anche a motivare pubblicamente una ramazzata alla sinistra del PCI.
La novità è che stavolta la repressione è passata attraverso i
cosiddetti e sedicenti magistrati “democratici”, tipo Viola, e
non più attraverso i vecchi arnesi reazionari alla Amati. È una
novità significativa perché dimostra la fragilità di supposte
contraddizioni insanabili interne al sistema. La funzione repressiva
della magistratura non viene modificata né attenuata, se non nelle
forme, dal modernismo di quei magistrati che prefigurano un modo più
agile ed efficace di reprimere. Un’altra novità è costituita dal
relativo disinteresse per gli anarchici dimostrato da polizia e
stampa, segno che ormai l'offensiva controrivoluzionaria dello stato
non ha più bisogno di colpire gli anarchici ma ha trovato altri
obiettivi ed anche un po’ segno che il senso di responsabilità
dimostrato dal Movimento Anarchico in questi due difficili anni è
riuscito a respingere le possibili provocazioni oggettive e
soggettive. Solo da qualche località (Treviso, Sanremo, Firenze...)
ci sono giunte notizie di perquisizioni a sedi e domicili anarchici.
Solo un paio di volte la stampa ha cercato (evidentemente su
indicazione questurinesca) di inserire gli anarchici nella vicenda
Feltrinelli. Una prima volta parlando di Georg Von Rauch, l'anarchico
assassinato dalla polizia lo scorso dicembre come di un “tupamaro”
berlinese che avrebbe trafficato in armi con Feltrinelli: il che è
pura invenzione perché Von Rauch era un militante della Crocenera
Anarchica tedesca e non faceva parte del gruppo Baader Meinhof (che
non è un gruppo anarchico). Una seconda volta, più recentemente,
mettendo tra i frequentatori della casa di via Subiaco (rifugio di
Saba e Viel) la “anarchica” Monica Hertl, la quale non solo non è
anarchica ma probabilmente non ha neppure mai messo piede a Milano».
Oddio,
non ci sto capendo più niente. Che c’entra mia madre con queste
storie? Fascisti, Brigate rosse, la Raf, servizi segreti, anarchici
che non sono anarchici... Ma perché ha voluto ficcarsi in questo
ginepraio di odio, di violenza lei che l’ha sempre combattuta a
tutti i costi? Perché non si è accontentata di quello che aveva a
casa, dell’amore di papà, di me che ero così piccola e che avevo
tanto bisogno di lei? Io non so se è vero quanto dice Daniele, che
la sua morte fu voluta da qualcuno. Certo è che tutto sembra essere
diverso da ciò che appare e che qualcuno molto probabilmente avrebbe
preferito che non si facessero domande, che non si provasse a vedere
oltre l’apparenza.
Come,
invece, fece Pier Paolo Pasolini. Hai attaccato sul diario un suo
articolo1.
Ed è pieno di sottolineature. Come se l’avessi riletto chissà
quante di volte. E tutti sappiamo che fine ha fatto e quanto mistero
c’è attorno alla sua morte.
La
notte tra il primo e il 2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini veniva
ucciso. E io sono sprofondata in un sogno molto agitato durante il
quale cercavo di scrivere una cronologia. Quella dell’inchiesta di
piazza Fontana. La stessa che mi sono ritrovata tra le mani quando mi
sono svegliata di soprassalto urlando.
Deve
essere caduta dal suo diario nero. È una sequenza di date e di fatti
legati alla bomba esplosa nella banca nazionale dell’agricoltura il
12 dicembre 1969 scritti su un foglio a parte.
Inizia
con il 14
dicembre 1969 - Vittorio Ambrosini, anziano avvocato e giornalista di
Milano, capitano degli Arditi durante la prima guerra mondiale, un
passato con posizioni politiche e amicizie che spaziano tra il
comunismo, il fascismo e poi il neofascismo, frequentatore durante
gli anni '60 di Junio Valerio Borghese, Giovanni De Lorenzo e Pino
Rauti, amico dell’allora ministro dell'Interno Franco Restivo,
scrive a questi una lettera in cui si diceva a conoscenza dei
retroscena della strage, incolpando il gruppo di Ordine Nuovo. Nel
luglio 1970, sentito dai magistrati, ritratterà queste sue
dichiarazioni, ma nel 1971, incontrandosi con l'amico deputato
comunista Achille Stuani, gli confermerà nuovamente le sue accuse
contro Ordine Nuovo.
Finisce
con la data del 16
marzo 1978 – Aldo Moro è stato rapito dalle Br che lo stanno
interrogando. I brigatisti hanno annunciato che quanto rivelerà sarà
reso pubblico.
La
cronologia s’interrompe qui. E io con un soffocante senso di
angoscia provo a riaddormentarmi pensando alla mia bambina e le
prometto che staremo sempre insieme. Non la lascerò mai sola. Lei
non sentirà mai la mia mancanza, ogni volta che avrà bisogno di me,
io ci sarò. Glielo giuro.
Note:
1
«Io so. Io so i nomi dei responsabili di
quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di
golpe istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi
dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so
i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei
primi mesi del 1974. Io so i nomi del vertice che ha manovrato,
dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpe, sia i neo-fascisti
autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli ignoti autori
materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito
le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima
fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista
(Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti, che,
con l’aiuto della Cia (e in second’ordine dei colonnelli greci
della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo)
una crociata anticomunista, a tamponare il ‘68, e in seguito,
sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono
ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro
del referendum. Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l’altra,
hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a
vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione
di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi
neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e
infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre,
senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i
nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei
personaggi comici come quel generale della Forestale che operava,
alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi
italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente
organizzativi come il generale Miceli. Io so i nomi delle persone
serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno
scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni,
siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e
sicari. Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle
istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non
ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un
intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che
succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare
tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche
lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di
un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là
dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero».
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